Van Gogh. L’autobiografia mai scritta, di Marco Goldin.

Van Gogh non era pazzo. Si è avvicinato al sole, prima cercandolo, poi fuggendone via. Vi è rimasto impigliato, con un filo che mai più ha districato, stringendolo nella mano.

Questo è l’incipit di una biografia/autobiografia di un artista indimenticabile, la cui vita emoziona quanto ciò che ha dipinto: Vincent Van Gogh non era pazzo, era solo un uomo solo e privato dell’amore della famiglia d’origine e di una famiglia sua; era solo un uomo incompleto che cercava di colmare le sue lacune con la pittura. Una volta la solitudine era vista come una condizione di disagio psicologico, di qualcosa che non andava e che faceva supporre di una qualsiasi forma di malattia mentale. Se poi, si accompagnava l’uso di alcool, tabacco, attacchi d’ira, la reputazione era irrimediabilmente compromessa. Marco Goldin ha scritto magistralmente una biografia/autobiografia di un uomo che cercava nella notte la sua pace, il suo equilibrio, così come nel giorno cercava la vita.

Vi riporto la trama:

Editore: La nave di Teseo
Collana: I fari
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 15 ottobre 2020
Pagine: 720 p., Rilegato

“Van Gogh non era pazzo. Si è avvicinato al sole, prima cercandolo, poi fuggendone via. Vi è rimasto impigliato, con un filo che mai più ha districato, stringendolo nella mano. Fino a quella spiga di grano rimasta nella tasca della sua giacca, sotto il cielo di Auvers, prima di sera. Accanto a un covone. Sotto le stelle del firmamento. Van Gogh non era pazzo. Ha camminato danzando sulla vita, come sul filo mai interrotto di un vulcano. E lapilli e piccoli falò e notti e stelle. E apparizioni e misteri. Ha creato con la disciplina della sua anima un mondo inarrivabile, il mondo di un eroe. Colui che arriva a toccare il sole e poi riesce a raccontarne il fuoco e il calore, la luce che abbaglia. E quella luce la fa diventare colore. Un colore che nessuno mai aveva dipinto così prima. E mai nessuno ha dipinto poi. Questo libro racconta la vita e l’opera di Van Gogh facendo continuo riferimento alle sue lettere, che diventano quindi non solo l’occasione per lo svolgimento di una vera e propria trama, ma anche il riferimento assoluto pagina dopo pagina. Quasi come fosse Van Gogh, almeno in alcuni capitoli, a raccontarsi, in una sorta di autobiografia che non ha mai scritto. La vita si intreccia con l’opera e ugualmente l’opera entra nella vita.” (Marco Goldin)

Ci sono 820 lettere, di cui 140 con degli schizzi, e proprio grazie a loro è stato possibile ricostruire la vita di Van Gogh: le sue origini, l’abbandono della sua terra natale, l’Olanda, la vita in Francia, la corrispondenza con Theo, i suoi deliri legati a una condizione di alienazione sociale, la ricerca della vita e della pace; grazie a queste lettere possiamo conoscere l’anima di un grande pittore.

La pittura era per lui emozione allo stato puro, emozione dello stare al mondo sia di giorno che di notte; soprattutto la notte riesce a vivere ogni cosa in modo amplificato. Mi sono commossa nel leggere la sua vita, nel visualizzare il significato che attribuiva ai colori: giallo per la vita, blu per le riflessioni notturne, rosso e verde per le terribili passioni umane; nulla è lasciato al caso, ogni colore definisce la ricerca di una componente emotiva che gli manca.

Ho un bisogno terribile di religione, allora vado la notte fuori a dipingere le stelle.

Durante il suo primo ricovero all’ospedale psichiatrico, gli fu vietato di dipingere e fumare: l’attività solitaria della pittura era vista come un segno di squilibrio mentale, e questo non aiutava di certo nel definire una diagnosi da uomo “sano” di mente. Quando ritornò a dipingere era ancora più carico di prima, e suo fratello Theo ordinò 30 metri di tele e diversi colori per dipingere: la produzione artistica di Van Gogh fu un eterno crescendo di quadri carichi di colore e di emozioni.

Leggere questa biografia è come ripercorrere fedelmente tutti i suoi passi fatti in vita, e i suoi quadri non si potranno solo osservare ma anche capire, leggendo la sua anima in ogni sfumatura cromatica. Il colore è vita, quella che lui avrebbe voluto ma che per ragioni difficili da comprendere, non ha potuto avere. Vincent Van Gogh non era pazzo, era solo un uomo solo, privato dell’amore; magari, se fosse stato circondato da più amore non avrebbe dato segni di squilibrio, ma di contro non avrebbe dipinto con tanta bramosia la sua personale ricerca della vita perfetta, della gioia e della pace dei pensieri. Il giorno e la notte non sarebbero stati dipinti in questo modo se la sua sofferenza, allora incompresa, non si fosse mai estrinsecata in un dipinto. Non era pazzo, si è solo avvicinato troppo al sole per poi fuggirgli via.

Manu

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